Si comunica che dal 04 al 31 agosto pp.vv. gli uffici i CONCILIA rimarranno chiusi per ferie.

Le istanze di mediazione depositate nel periodo verranno processate alla riapertura in ordine di ricezione.

Per urgenze: concilia@concilia.it

Nell’augurare a tutti Buone Vacanze Estive, sperando di fare cosa gradita, abbiamo ritenuto utile proporre alla Vs. attenzione un interessantissimo articolo scritto da un nostro mediatore esperto, l’Avv. Carlo Maria Zuniga.

Buona lettura e Buone Vacanze!

 

BREVI SPUNTI DI RIFLESSIONE SULLA RIFORMA IN TEMA DI MEDIAZIONE CIVILE
 di Carlo Maria Zuniga

 

Come già anticipato sul sito di Concilia, con il 30 giugno 2023 trovano piena attuazione le modifiche introdotte dalla c.d, riforma Cartabia in tema di mediazione civile-commerciale.
Senza avere qui alcuna pretesa di una loro approfondita trattazione, si vogliono offrire ai Colleghi Mediatori e Avvocati alcuni spunti di riflessione in merito a quelle a mio parere più rilevanti. Per fare ciò andrò a previamente riportare il contenuto dei singoli articoli, cui seguirà un breve commento.
ART. 4 COMMA 1: “La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è depositata da una delle parti presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. La competenza dell’organismo è derogabile su accordo delle parti. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito.”
In esso a parte la modifica lessicale determinata dall’abbandono del termine “istanza”, in precedenza indifferentemente alternato a quello di “domanda”, va sottolineata la novità rappresentata dalla possibilità di derogare concordemente alla competenza territoriale dell’organismo, che di norma è quello della circoscrizione del giudice territorialmente competente per la controversia. La disposizione, da salutare sicuramente con favore, perché consente alle parti di rivolgersi ad Organismi, nonché, al loro interno, a Mediatori ritenuti maggiormente competenti ed affidabili, tuttavia pone alcuni problemi.
Per quanto attiene alla forma dell’accordo, nulla dicendo la norma in questione, ritengo che non necessiti la forma scritta preventiva, dato che quando il Legislatore l’ha richiesta (art. 27 c.p.c.) lo ha esplicitato. Pertanto, al di là della domanda di mediazione congiunta, ben potrebbe la parte convocata dichiarare, in sede di adesione o di primo incontro avanti al Mediatore, di accettare la deroga alla competenza naturale. Ritengo, altresì, che l’accettazione possa avvenire anche per facta concludentia, sempre, però, che la parte convocata si sia presentata in mediazione e nulla abbia eccepito. Ove ciò non accadesse, la mediazione dovrebbe essere considerata non validamente espletata. In ogni caso suggerisco che, ove l’Organismo o il Mediatore rilevino l’incompetenza, sarebbe bene da parte loro richiedere una dichiarazione di espressa adesione dalla parte chiamata.
Più complessa è la questione allorquando la deroga alla competenza sia contenuta nelle condizioni generali di un contratto predisposto da uno dei contraenti o di un contratto concluso mediante moduli o formulari, diretto a regolare non un singolo specifico rapporto negoziale, ma una serie indefinita di rapporti e che la sua conclusione sia intervenuta senza alcuna possibilità per l’altra parte di incidere sul suo contenuto (v. Cass. civ. 05.07.2022 n. 21296). In questo caso, ove la clausola predetta non sia stata specificamente sottoscritta deve essere considerata nulla?
Al riguardo, così anticipando in parte pure il commento all’art. 5 sexies (1), fermo restando, ovviamente, che sia assolutamente opportuno che la sottoscrizione di tale clausola rispetti quanto poc’anzi affermato dalla costante giurisprudenza, sono dell’idea che non si possa parlare in questo caso di nullità, poiché non si tratta di una deroga alla competenza territoriale dell’autorità giudiziaria. Pertanto, laddove la parte chiamata si presenti in mediazione senza nulla eccepire, la procedura dovrebbe considerarsi validamente espletata. Diverso, invece, è il caso in cui la parte chiamata sia un consumatore, poiché l’art. 33 lett. u del c.d.c. parla genericamente di foro competente “per le controversie” e il successivo art. 36, 3° comma stabilisce che la nullità opera solo a vantaggio del consumatore e può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice.
ART. 5 COMMA 1: “Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente capo”
L’articolo in oggetto ha ampliato i casi in cui la mediazione è condizione di procedibilità alle controversie di cui alle seguenti materie: associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura.
La nuova previsione potrà creare delle problematiche per quanto attiene all’indennità di mediazione per quegli organismi che la differenziano a seconda della tipologia – obbligatoria o volontaria – della mediazione, soprattutto con riferimento al contratto d’opera – nel quale è certamente da ritenersi compreso anche il contratto d’opera intellettuale – stante le interferenze, non sempre facilmente distinguibili, con il contratto di appalto. In merito al contratto di subfornitura, ricordo che l’art. 10 della L. 192/1998 è stato abrogato dall’art. 5, comma 2, D. Lgs. 25 novembre 2016, n. 219, con la conseguenza che la mediazione può essere promossa presso qualsiasi Organismo e non più solo presso quelli della CCIAA.
ART. 5 BIS: “Quando l’azione di cui all’articolo 5, comma 1, è stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, nel procedimento di opposizione l’onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo. Il giudice alla prima udienza provvede sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione se formulate e, accertato il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. A tale udienza, se la mediazione non è stata esperita, dichiara l’improcedibilità della domanda giudiziale proposta con il ricorso per decreto ingiuntivo, revoca il decreto opposto e provvede sulle spese”.
L’articolo in oggetto ha recepito l’orientamento espresso dalla Suprema Corte a Sez. Un. n. 19596 del 2020 e ribadito dalla successiva giurisprudenza.
ART. 5 TER: “L’amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi. Il verbale contenente l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore sono sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nell’accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile. In caso di mancata approvazione entro tale termine la conciliazione si intende non conclusa”.
Con la disposizione in parola il Legislatore, innovando rispetto a quanto previsto dall’originario testo dell’art. 71 quater, comma 3° disp. att. c.c., ha previsto che l’amministratore è legittimato a promuovere, aderire e partecipare alla mediazione senza necessità della previa delibera condominiale, facendo così applicazione del generale potere di rappresentanza e legittimazione previsti dall’art. 1131 c.c.. Personalmente ritengo sia alquanto difficile che l’amministratore non si munisca previamente della delibera condominiale. Tuttavia, se così facesse, stanti i tempi abbastanza stretti previsti per la fissazione del 1° incontro di mediazione, potrebbero esservi problemi qualora la parte istante, diversa dal Condominio, non fosse disponibile ad accordare un rinvio.
Inoltre appare improbabile che l’amministratore, in difetto di indicazione da parte dell’assemblea condominiale, possa autonomamente condividere una bozza di accordo, da sottoporre, poi, ad essa.
ART. 5 QUATER, 1° COMMA “Il giudice, anche in sede di giudizio di appello, fino al momento della precisazione delle conclusioni, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione, il comportamento delle parti e ogni altra circostanza, può disporre, con ordinanza motivata, l’esperimento di un procedimento di mediazione. Con la stessa ordinanza fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6.
E’ da segnalare che il Legislatore ha precisato che il giudice può disporre l’invio delle parti in mediazione sino al momento della precisazione delle conclusioni.
Se il Legislatore ha indicato con precisione il termine finale entro cui il giudice può inviare le parti in mediazione, maggiori problemi presenta, invece, il momento iniziale, specie alla luce di quanto previsto dall’art. 171 bis c.p.c.. Sarà la giurisprudenza a chiarire se con il provvedimento previsto dall’art. appena citato, che, per il vero non ne fa menzione, il Giudice potrà disporre l’invio delle parti in mediazione. Una soluzione negativa potrebbe basarsi sul dato letterale dell’articolo 171 bis c.p.c., che non la contempla e che prescrive che il giudice indica alle parti le questioni rilevabili d’ufficio, di cu ritiene opportuna la trattazione, anche con riguardo “alle condizioni di procedibilità della domanda”. Pertanto, per chi sostiene tale tesi, se il giudice non può disporre immediatamente in questa fase l’invio in mediazione, anche quando essa sia prevista come condizione ex lege di procedibilità della domanda, a maggior ragione non potrebbe farlo quando sia lui a ritenere l’opportunità che venga esperita al di fuori dei casi previsti dall’art. 5.
A mio avviso, però, anche se mi rendo conto che la mia sia una tesi probabilmente isolata, tale interpretazione confliggerebbe con l’intento acceleratorio e deflattivo voluto dal Legislatore, ragion per cui, per lo meno nei casi in cui la causa sia meramente documentale o di diritto, non vedrei un ragionevole ostacolo a che il giudice con il provvedimento di cui all’art. 171 bis c.p.c. invii le parti in mediazione e fissi la nuova udienza.
Sulla scelta operata dal Legislatore poi si possono muovere valutazioni contrastanti.
Infatti, se da un lato il rimandare la mediazione – anche delegata – a dopo il deposito delle memorie, stante la definizione del thema decidendum e di quello probandum, avrebbe il vantaggio di porre il giudice e le parti nelle condizioni di meglio valutare la possibilità di utilmente esperire la mediazione, per altro verso, un ostacolo alla buona riuscita della mediazione potrebbe essere rappresentato proprio dai costi determinati dall’attività processuale già svolta. ART. 5 SEXIES: “Quando il contratto, lo statuto o l’atto costitutivo dell’ente pubblico o privato prevedono una clausola di mediazione, l’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Se il tentativo di conciliazione non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte entro la prima udienza, provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 2. Si applica l’articolo 5, commi 4, 5 e 6”.
E’ importante evidenziare che in questo caso l’eccezione di improcedibilità non è rilevabile d’ufficio, ma solo a istanza di parte.
Inoltre, se la clausola di mediazione è presente in uno dei contratti di cui agli artt. 1341 c.c. e 1342 c.c., è necessaria la sua sottoscrizione specifica?
Personalmente riterrei di no, in quanto una siffatta clausola, a differenza dell’arbitrato, non contiene una deroga alla giurisdizione, ma, anzi, uno strumento voluto dal Legislatore al fine di evitare un contenzioso, tanto da farla assurgere a condizione di procedibilità.
Aggiungo che la vera sfida della mediazione e l’auspicabile salto qualitativo sul piano per c.d. culturale e sociale richiesto agli avvocati ed agli altri professionisti, che abitualmente, redigono contratti e statuti, nonché alle parti stesse, sarà quello di fare un sempre maggior ricorso all’inserimento in essi di clausole di mediazione.
ART. 6 COMMA 1: “Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi, prorogabile di ulteriori tre mesi dopo la sua instaurazione e prima della sua scadenza con accordo scritto delle parti”.
La norma in questione ha destato non pochi allarmi, anche in considerazione della non operatività della sospensione feriale. Ciò in quanto da taluni si ritiene che la mediazione non possa durare complessivamente più di sei mesi, il che creerebbe notevoli problemi, soprattutto con riguardo alle procedure concernenti beni immobili o responsabilità medica e, in genere, per tutte quelle in ci sarebbe utile esperire una c.t.m..
Personalmente, non ritengo che il termine sia perentorio, sia perché la Legge lo deve dichiarare espressamente, sia perché, se le parti sono d’accordo, non avrebbe alcun senso che la mediazione, fortemente voluta dal Legislatore, si debba chiudere negativamente, contro la loro volontà, per il decorso del termine.
Del resto, la precedente formulazione dell’art. 6, prevedeva che la mediazione potesse durare tre mesi, senza null’altro aggiungere.
Va raccomandata, tuttavia, l’accortezza, in caso di proroga oltre il termine dei tre mesi, che essa venga formalizzata per iscritto a verbale e sia comunicata al giudice.
ART. 8 COMMA 2: “Dal momento in cui la comunicazione di cui al comma 1 perviene a conoscenza delle parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta. La parte può a tal fine comunicare all’altra parte la domanda di mediazione già presentata all’organismo di mediazione, fermo l’obbligo dell’organismo di procedere ai sensi del comma 1”.
La formulazione del comma in oggetto è, a mio avviso, particolarmente infelice, poiché non riproduce quanto era, invece, contenuto nel comma 6 del vecchio art. 5, in cui dopo la frase “impedisce la decadenza per una sola volta”, era opportunamente aggiunto: “, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’art. 11 presso la segreteria dell’organismo”. L’omissione di tale inciso potrebbe far temere che la conclusione negativa della mediazione non faccia decorrere un nuovo termine (come, invece, ritenuto dalla giurisprudenza formatasi sul precedente testo normativo: si v. Trib. RM 12.03.2019, n. 5382; App. Pa 27.06.2017 n.1245; Trib. MI 02.12.2016 n. 13360; Trib. Busto Arsizio 18.02.2022 n. 244), il che è particolarmente pericoloso in tutti i casi di decadenza (es: impugnazione di delibera assembleare condominiale, opposizione a decreto ingiuntivo).
Una tale interpretazione, che peraltro ha il conforto della letteralità, porterebbe alla conseguenza – del tutto contraria alle intenzioni del Legislatore – di dover necessariamente agire in sede giudiziale nel termine di decadenza.
Restano pure immutate le criticità della norma, che porta a ritenere che la domanda di mediazione abbia carattere recettizio, così ponendo a carico dell’Istante – specialmente nei casi in cui il destinatario non abbia una pec – i rischi di ritardi dovuti a terzi soggetti (ad esempio le Poste), criticità che, in dissonanza dalla nettamente prevalente giurisprudenza (si v. ex plurimis Cass. 2273/2019, C. App. BS n. 1337 del 2018, Trib. RM n. 13981 del 2019, C. App. MI n. 253/2020), è stata colta dalle sentenze n. 10502/2020 del Trib. RM e n. 260 del 23.02.2022 del Trib. BR, secondo cui “L’attività con cui cessa l’inerzia dell’attrice che avrebbe determinato l’effetto della decadenza è costituita dal deposito dell’ istanza dinanzi all’ organo di mediazione; le successive attività, che si completano con le comunicazioni alle controparti, non sono nella disponibilità del ricorrente e dunque restano estranee rispetto all’ unico atto con cui il legittimato ad agire può manifestare concretamente la cessazione della propria inerzia, ossia il deposito dell’ istanza di mediazione”.
ART. 8 COMMA 4: “Le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione. In presenza di giustificati motivi, possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia. I soggetti diversi dalle persone fisiche partecipano alla procedura di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia. Ove necessario, il mediatore chiede alle parti di dichiarare i poteri di rappresentanza e ne dà atto a verbale”.
Il comma in oggetto rafforza ulteriormente il principio secondo cui agli incontri di mediazione devono partecipare personalmente le parti, che possono essere sostituite da un terzo solo per giustificati motivi. Giustificati motivi, che sono da reputarsi alquanto stringenti, considerato che la parte può chiedere di partecipare agli incontri anche da remoto.
Va in ogni caso evidenziato che il rappresentante deve essere a conoscenza dei fatti e munito dei poteri sostanziali per definire la controversia in forza di apposita procura speciale. Resta aperto il problema della forma della procura, per la quale numerosa giurisprudenza di merito, a mio avviso su un’errata interpretazione delle note pronunce della cassazione e soprattutto delle norme del codice civile (art. 1392 c.c.), richiede la forma notarile, in quanto, si dice, il difensore non può autenticare (rectius, certificare) la firma del proprio assistito al di fuori del processo.
Senonché, per l’art. 1392 c.c. l’autentica della firma è richiesta nei soli casi previsti dalla Legge, ragion per cui “l’autentica” del difensore è del tutto irrilevante, che vi sia o meno.
Pertanto, un problema di autentica della firma potrebbe porsi nel solo caso in cui l’altra parte chieda al rappresentante di giustificare i suoi poteri e contesti la validità della firma che figuri apposta sulla procura dal rappresentato, ipotesi che, in dodici anni di attività non mi è mai capitata, anche perché con la procura viene sempre allegato un documento di identità del rappresentato. Va detto, infine, che la norma in oggetto sembra venire incontro al Mediatore, dato che non richiede da parte sua una verifica dei poteri di rappresentanza, ma solo che, ove necessario, chieda alle parti di dichiararli (e non giustificarli!), dandone atto a verbale.
ART. 8 COMMA 6: “Al primo incontro, il mediatore espone la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, e si adopera affinché le parti raggiungano un accordo di conciliazione. Le parti e gli avvocati che le assistono cooperano in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni”
La modifica è importante, poiché pone fine alla c.d. sessione informativa, sicché le parti sono in mediazione sin dal primo incontro e la loro decisione concerne solo la sua prosecuzione o meno. Il comma in oggetto pone pure l’accento sulla collaborazione leale ed in buona fede, che deve ispirare la condotta delle parti e degli avvocati nella mediazione.
E’ evidente che questa affermazione, che incarna esattamente lo spirito, cui dovrebbe essere improntata la condotta di chi partecipa ad una mediazione, resta un’affermazione teorica. E’, infatti, assai difficile pensare, anche perché potrebbe configurare una valutazione personale, che un mediatore verbalizzi che le parti e/o i loro avvocati non hanno tenuto quel comportamento, anche se, a mio avviso, al riguardo non opera il principio di riservatezza.
Questo concerne le dichiarazioni e i documenti offerti dalle parti ed attinenti al merito della controversia e non agli aspetti per c.d. procedurali della mediazione.
Pertanto, non mi stupirei di giudici che sollecitino il Mediatore a dare conto nel verbale se quanto richiesto dalla norma sia o meno stato rispettato, al fine di poter valutare se effettivamente la condizione di procedibilità sia stata assolta o sia stata una mera formalità. In ogni caso, per lo stesso principio, ritengo che il Mediatore, se richiestone, debba verbalizzare se una parte intende proseguire oltre il primo incontro ed un’altra no.
In relazione a quanto ho appena detto, sarebbe pure opportuno che il Mediatore indicasse a verbale l’orario di inizio e di fine dell’incontro, perché è evidente che un incontro conclusosi negativamente dopo pochi minuti non può far ritenere effettuato un “effettivo confronto” sulle questioni controverse.
Art. 8 BIS COMMA 1. “Quando la mediazione si svolge in modalità telematica, ciascun atto del procedimento è formato e sottoscritto nel rispetto delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e può essere trasmesso a mezzo posta elettronica certificata o con altro servizio di recapito certificato qualificato.
Dal raffronto fra il comma in parola ed il successivo comma 3°, sembra evincersi che la firma digitale qualificata sia richiesta solo nel caso previsto da quest’ultimo.
Segnalo che presso diversi organismi si sta diffondendo la prassi, per i soli verbali di rinvio/interlocutori (esclusi quindi il primo incontro, quello di proroga della durata della mediazione, di nomina di c.t.m. e di conclusione e/o accordo della mediazione) di sostituire il verbale da far firmare alle parti con una pec, che il Mediatore invia agli avvocati, che le assistono, con cui dà conto dell’incontro tenutosi.
ART. 8 BIS COMMA 2: “Gli incontri si possono svolgere con collegamento audiovisivo da remoto. I sistemi di collegamento audiovisivo utilizzati per gli incontri del procedimento di mediazione assicurano la contestuale, effettiva e reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate. Ciascuna parte può chiedere al responsabile dell’organismo di mediazione di partecipare da remoto o in presenza. E’ importante sottolineare che il comma in oggetto riconosce un vero e proprio diritto autonomo della parte a pretendere di poter partecipare alla mediazione da remoto.
Nel contempo, l’altra parte è, a sua volta, libera di scegliere la modalità essa pure da remoto o, viceversa, in presenza.
ART. 8 BIS COMMA 3: “A conclusione della mediazione il mediatore forma un unico documento informatico, in formato nativo digitale, contenente il verbale e l’eventuale accordo e lo invia alle parti per la sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata. Nei casi di cui all’articolo 5, comma 1, e quando la mediazione è demandata dal giudice, il documento elettronico è inviato anche agli avvocati che lo sottoscrivono con le stesse modalità.
Il comma in questione prescrive che il verbale conclusivo e l’eventuale accordo devono essere formati dal mediatore in unico documento nativo digitale (quindi non scannerizzato) e sottoscritto con firma elettronica qualificata. Ciò significa che tale requisito va osservato anche per il caso della c.d. mediazione in formato misto (cioè una parte in presenza e una da remoto), il che complica le cose, perché pure chi è in presenza (quindi, sia la parte che il suo avvocato) dovrà essere munito di mail, di cellulare e spid per poter firmare.
Benché vista con assoluto disfavore dal Cnf, resta a mio avviso valida la possibilità che la parte conferisca ad un rappresentante, che abbia la firma digitale qualificata, unitamente ai poteri di rappresentanza sostanziale, pure quelli di firmare il verbale e persino l’accordo.
D’altra parte, non si può costringere una parte, che voglia partecipare alla mediazione in presenza e che non abbia l’indirizzo mail o uno smartphone, a doversene munire perché l’altra parte vuole partecipare da remoto. La situazione ben potrebbe essere assimilata alla previsione di cui all’art. 11, comma 4°: quella, cioè, della parte impossibilitata a firmare.
ART. 8 BIS COMMA 4: “Il documento informatico, sottoscritto ai sensi del comma 3, è inviato al mediatore che lo firma digitalmente e lo trasmette alle parti, agli avvocati, ove nominati, e alla segreteria dell’organismo.
Poiché, anche in caso di accordo, il documento informatico dovrà essere unico, il mediatore lo dovrà firmare lui pure, avendo, però, l’accortezza di precisare che la sua sottoscrizione si riferisce al solo verbale, poiché l’accordo è atto delle sole parti e dei loro avvocati.
Da ultimo, sempre ai sensi del poc’anzi citato art. 11, comma 4°, che impone al mediatore di certificare le firme, ritengo che, in caso di mediazione telematica, egli dovrà apporre la propria firma, e sarebbe bene lo scrivesse nel verbale, dopo avere verificato la validità delle altrui sottoscrizioni (ciò è possibile ad esempio utilizzando Gosign, andando su verifica), sempre che la piattaforma da utilizzarsi non effettui già tale operazione.
ART. 9 COMMA 1: Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo o partecipa al procedimento di mediazione è tenuto all’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo” C’è da segnalare la sostituzione della parola “comunque” con “partecipa”, il che significa, come è logico, che all’obbligo di riservatezza sia tenuto qualunque soggetto coinvolto nel procedimento di mediazione, ivi compreso anche chi, ad esempio, è presente all’incontro di mediazione in qualità di semplice accompagnatore di una parte.
ART. 11: nell’articolo in parola, oltre alla modifica della intestazione (da “Conciliazione” a “Conclusone del procedimento”) e ad altre modifiche di dettaglio, ma già in uso nella pratica, vi è da segnalare al comma 3° l’espressa previsione che l’accordo di conciliazione deve contenere l’indicazione del valore. Ciò rileva sia ai fini della definitiva determinazione dell’indennità, sia ai fini dei benefici fiscali.
ART. 12 BIS: “1. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro del procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.
2. Quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità, il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato al primo incontro senza giustificato motivo al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio.
3. Nei casi di cui al comma 2, con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice, se richiesto, può altresì condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione.
4. Quando provvede ai sensi del comma 2, il giudice trasmette copia del provvedimento adottato nei confronti di una delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al pubblico ministero presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti, e copia del provvedimento adottato nei confronti di uno dei soggetti vigilati all’autorità di vigilanza competente.
Il 1° comma ricalca fedelmente quanto era previsto al comma 4 bis dell’art. 8, salvo l’aggiunta della frase “al primo incontro”. In conseguenza della mancata ingiustificata partecipazione al primo incontro di mediazione il giudice deve applicare la sanzione di cui al comma 2° e disporre l’invio di cui al comma 4°, nel mentre quanto previsto al comma 3° rientra nel suo potere discrezionale ed una volta che la parte gliene abbia fatto richiesta.
In tutti i casi si fa riferimento solo alla mancata partecipazione al primo incontro e non anche alla sua mancata ingiustificata prosecuzione.
ART. 15 dal comma bis all’undecies: disciplina l’istituto del gratuito patrocinio.
ART. 17 COMMA 2: “Il verbale contenente l’accordo di conciliazione è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di centomila euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente”.
Va segnalato il raddoppio dell’esenzione dall’imposta di registro del verbale di conciliazione.
ART. 17 COMMA 3: “Ciascuna parte, al momento della presentazione della domanda di mediazione o al momento dell’adesione, corrisponde all’organismo, oltre alle spese documentate, un importo a titolo di indennità comprendente le spese di avvio e le spese di mediazione per lo svolgimento del primo incontro”.
Le parti ora saranno tenute a versare in occasione del 1° incontro non più solo le spese di avvio ma anche una parte dell’indennità, la cui determinazione ancora non è stata determinata.
ART. 17 COMMA 4: “Il regolamento dell’organismo di mediazione indica le ulteriori spese di mediazione dovute dalle parti per la conclusione dell’accordo di conciliazione e per gli incontri successivi al primo”.
Il regolamento, ancora da emanarsi, indicherà pure le ulteriori indennità dovute per gli incontri successivi e per la conclusione dell’accordo.
ART. 20: “1. Alle parti è riconosciuto, quando è raggiunto l’accordo di conciliazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità corrisposta ai sensi dell’articolo 17, commi 3 e 4, fino a concorrenza di euro seicento. Nei casi di cui all’articolo 5, comma 1, e quando la mediazione è demandata dal giudice, alle parti è altresì riconosciuto un credito d’imposta commisurato al compenso corrisposto al proprio avvocato per l’assistenza nella procedura di mediazione, nei limiti previsti dai parametri forensi e fino a concorrenza di euro seicento.
2. I crediti d’imposta previsti dal comma 1 sono utilizzabili dalla parte nel limite complessivo di euro seicento per procedura e fino ad un importo massimo annuale di euro duemilaquattrocento per le persone fisiche e di euro ventiquattromila per le persone giuridiche. In caso di insuccesso della mediazione i crediti d’imposta sono ridotti della metà.
3. E’ riconosciuto un ulteriore credito d’imposta commisurato al contributo unificato versato dalla parte del giudizio estinto a seguito della conclusione di un accordo di conciliazione, nel limite dell’importo versato e fino a concorrenza di euro cinquecentodiciotto.
4. Agli organismi di mediazione è riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennità non esigibile dalla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell’articolo 15-septies, comma 2, fino a un importo massimo annuale di euro ventiquattromila.
5. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni attuative della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata, sono stabilite le modalità di riconoscimento dei crediti d’imposta di cui al presente articolo, la documentazione da esibire a corredo della richiesta e i controlli sull’autenticità della stessa, nonché le modalità di trasmissione in via telematica all’Agenzia delle entrate dell’elenco dei beneficiari e dei relativi importi a ciascuno comunicati.
6. All’onere derivante dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, valutato in euro 51.821.400 annui a decorrere dall’anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per l’attuazione della delega per l’efficienza del processo civile di cui all’articolo 1, comma 39, della legge 26 novembre 2021, n. 206.
7. Il Ministero della giustizia provvede annualmente al versamento dell’importo corrispondente all’ammontare delle risorse destinate ai crediti d’imposta sulla contabilità speciale n. 1778 “Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio”.
L’articolo in parola prevede anche crediti di imposta, sulla cui effettività è, tuttavia, lecito avanzare dubbio circa la copertura finanziaria.

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(1) 1. Quando il contratto, lo statuto o l’atto costitutivo dell’ente pubblico o privato prevedono una clausola di mediazione, l’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Se il tentativo di conciliazione non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte entro la prima udienza, provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 2. Si applica l’articolo 5, commi 4, 5 e 6.
2. La domanda di mediazione è presentata all’organismo indicato dalla clausola se iscritto nel registro ovvero, in mancanza, all’organismo individuato ai sensi dell’articolo 4, comma 1.